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Sicurezza sul lavoro e Parità di genere: un equilibrio da migliorare


Sicurezza sul lavoro e Parità di genere: un equilibrio da migliorare

Articolo di Ramona Falchi

La Giornata Mondiale della Salute e della Sicurezza sul Lavoro da poco celebrata, è stata istituita dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) esattamente vent’anni fa. Purtroppo gli indicatori reali sugli infortuni e le malattie nei luoghi di lavoro segnalano che il nostro sistema nazionale non migliora sul fronte della prevenzione e della sicurezza sul lavoro. Nel 2022 l'Inail ha registrato un numero di infortuni pari a 697.773 (+25,7% rispetto al 2021) mentre sono state 60.774 (+9,9% rispetto al 2021) le denunce presentate per malattie professionali.

Secondo l'Inail a denunciare malattie professionali sono più gli uomini delle donne (nel 2022 il 73,8% contro il 26,2%) e le denunce presentate da queste ultime riguardano principalmente disturbi psichici e comportamentali, come i disturbi da stress lavoro-correlato e quelli per mobbing. Nel valutare questi dati però occorre ricordare che le malattie da stress lavoro-correlato sono malattie “non tabellate”, pertanto è il lavoratore che, con onere probatorio a suo carico, deve provare la causa professionale della malattia per ottenerne il riconoscimento e quindi l'indennizzo da parte dell'Inail. Si può quindi ipotizzare che le reali dimensioni del fenomeno siano superiori a quelle misurate dai dati ufficiali.

I temi emergenti legati allo sviluppo sostenibile rendono auspicabile una inversione di rotta. L'ONU, nell'Agenda 2030, richiama i Paesi firmatari affinché prevedano investimenti volti a rendere sostenibile lo sviluppo non solo realizzando una transizione ecologica e digitale, ma anche risolvendo alcuni dei problemi che storicamente rallentano lo sviluppo sociale e la crescita economica di ciascuno di essi: tra questi la parità di genere.

In Italia la necessità di garantire un equilibrio nella partecipazione di uomini e donne al mondo del lavoro e di tutelarne il benessere psico-fisico è stata inserita tra gli obiettivi del PNRR (Piano Nazionale di ripresa e resilienza) che prevede una forte azione di sostegno all’occupazione femminile e dedica una specifica missione al tema “Inclusione e coesione” (Missione 5). In linea con questa missione è stata introdotta la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 "Linea guida sul sistema di gestione per la parità di genere" che tutte le organizzazioni (pubbliche e private) possono volontariamente adottare.

La normativa italiana ha già affrontato diversi aspetti della parità di genere, come la non discriminazione sul lavoro e la parità salariale. Focalizzandoci solo sulla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si può richiamare l'art. 28 del D.Lgs. 81/08 rubricato "Obbligo della valutazione dei rischi" secondo il quale: "La valutazione [dei rischi] di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [del D.Lgs. 81/08], [...] deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi."

L'obbligo di considerare la differenza di genere all'interno della valutazione dei rischi, ricade pertanto in capo al datore di lavoro fin dall'entrata in vigore nel 2008 del Testo Unico per la salute e sicurezza sul lavoro; la normativa vigente fino a quel momento, il D.Lgs.626/94, imponeva al datore di lavoro di eseguire la valutazione dei rischi, senza fare alcun cenno alla differenza di genere.

Bisogna però riconoscere che tale obbligo è stato fino ad oggi forse trascurato o, comunque, non pienamente applicato. Eppure sono molti gli ambiti e le situazioni di lavoro nei quali la differenza di genere può incidere sulla valutazione del rischio.

In alcuni casi la considerazione della differenza di genere è entrata nella prassi della valutazione del rischio. Basti pensare al rischio da movimentazione manuale dei carichi. In questo caso la metodologia NIOSH, basata sulla norma tecnica di riferimento, permette di calcolare l'indice di rischio sulla base del genere dei lavoratori (uomini e donne) che svolgono l'attività, oltreché sulla base dell'età (<20; 20-45; >45).

Ciò non avviene invece per altri rischi come, ad esempio, il rischio da esposizione a sostanze chimiche per il quale le norme tecniche non prevedono livelli di rischio differenziati a seconda del genere dei lavoratori, nonostante lo stesso Istituto Superiore di Sanità dichiari che "l'esposizione alle sostanze chimiche può determinare effetti avversi differenti nell'organismo in relazione al genere".

Anche i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, come il lavoro agile (semplificando smartworking) e il telelavoro, comportano nuovi profili di rischio (iper-connettività, tecnostress, riduzione dei confini tra vita privata e vita lavorativa) che incidono diversamente su uomini e donne anche in ragione del ruolo assunto all’interno della famiglia.

Più in generale, le attuali condizioni del mondo del lavoro (ricorso a forme contrattuali flessibili e all'outsourcing, insicurezza del posto di lavoro, orari di lavoro prolungati, ritmi di lavoro intensi) fanno aumentare la rilevanza dei rischi psicosociali. Tra questi, il rischio stress lavoro-correlato, ha importanti connotazioni di genere. La valutazione di questo rischio, sviluppata secondo la metodologia proposta dalle linee guida Inail, prende in considerazione fattori quali "conciliazione vita-lavoro", "molestie e mobbing", "smart working o lavoro agile o lavoro flessibile", "telelavoro", "well-being" (benessere fisico, psicologico e sociale), che coinvolgono uomini e donne in modo differente.

Gli stessi fattori sono presi in considerazione anche nella linea guida UNI/PdR 125:2022 sulla parità di genere, nella quale l’adozione di adeguate prassi aziendali per gestirli, rispettando le diversità, costituiscono requisiti chiave per il raggiungimento dello score minimo (60%) necessario per l'accesso alla certificazione del Sistema di Gestione per la Parità di Genere da parte dell'organizzazione. 

Superare il divario di genere non è quindi solo uno dei temi portanti dello sviluppo sostenibile del Paese; è anche uno dei temi che sempre più andranno considerati in sede di valutazione dei rischi in azienda se il datore di lavoro intende individuare le misure più idonee di protezione ma, soprattutto, di prevenzione della salute e sicurezza psico-fisica delle proprie lavoratrici e dei propri lavoratori.